INTRODUZIONE
In questa relazione analizzeremo e descriveremo le fondamentali tecniche di misura dei requisiti acustici passivi nell’edilizia: rumore di calpestio, isolamento per via aerea con tramezzo verticale e per via aerea delle facciate; saranno inoltre riportate alcune delle norme che regolano gli aspetti "acustici" della vita del cittadino in Italia. Infine saranno presentati i metodi di calcolo di previsione, per la progettazione degli edifici e se ne valuteranno gli aspetti positivi e negativi operando anche confronti con risultati sperimentali.
ISOLAMENTO ACUSTICO
Per la misurazione del rumore impattivi (causati dalla caduta d’oggetti sul pavimento o dai passi delle persone) è utilizzata la macchina di calpestio, un oggetto che una volta appoggiato sul pavimento del piano superiore e messo in azione, genera nel piano sottostante il rumore che sarà poi misurato.
Fig. 1: Schema della macchina di calpestio.
Questa macchina è costituita da un motore e da bracci meccanici che sollevano e lasciano cadere martelli d’acciaio sul pavimento; tale generatore di rumore, essendo parte integrante nelle misurazioni acustiche, è stato oggetto d’alcune norme recenti che prevedono particolari dettagli costruttivi per quanto riguarda i martelli stessi, comunque, principalmente, le sue caratteristiche sono:
Consideriamo ora l’isolamento fra due ambienti separati da una parete e vediamo in che modo si misura il potere fonoisolante di tale parete: la determinazione sperimentale di R, in campo acustico diffuso, è effettuata in laboratorio secondo il procedimento prescritto dalla Norma EN 20140 parte 3 (ISO 140/III).
Fig. 2: Schema di misura del potere fonoisolante in laboratorio.
La figura 2 rappresenta schematicamente le due camere di prova. Per ogni banda di frequenza, noti i livelli di pressione sonora medi nell'ambiente disturbante L1 (ottenuti grazie all’utilizzo di un altoparlante e di un primo microfono) e nell'ambiente ricevente L2 (grazie all’utilizzo di un secondo microfono), il potere fonoisolante R della parete in prova si ottiene dall’espressione:
( dB ) ( 1 )
in cui S è la superficie del divisorio ed A è l'area (in m2) equivalente d’assorbimento acustico dell'ambiente ricevente in cui è compresa anche quella di separazione.
Se la misurazione è eseguita in opera si adotta la norma ISO 140/IV, la quale prevede la misurazione di R’, chiamato potere fonoisolante apparente, il quale tiene anche in considerazione le trasmissioni laterali; è questa la grandezza che la normativa italiana prevede di misurare.
Fig. 3: Possibili vie di propagazione del suono dall’ambiente disturbante
a quello ricevente.
Altra grandezza che la normativa italiana prevede di misurare è l’isolamento di facciata, ottenuto misurando il livello sonoro all’esterno di un edificio ed il livello sonoro in una sua stanza; solitamente tale isolamento è ottenuto tramite l’utilizzo di paraventi, come, ad esempio, le finestre. In questa misurazione, poiché il rumore esterno è variabile nel tempo, è necessario mediare su un intervallo sufficientemente lungo, calcolando i livelli equivalenti, in modo tale da ottenere valori costanti sia esternamente sia internamente all’edificio. La necessità di mediare nel tempo i dati, è necessario solo quando si fanno misurazioni in opera, in quanto se le stesse sono eseguite in laboratorio, i dati sono stabili e invarianti nel tempo. Dalla figura 2 si può notare inoltre l’utilizzo di uno strumento a due canali, necessario per avere una misura sincrona.
Vi sono infine dei requisiti sull’isolamento degli impianti funzionali dell’edificio stesso:
(Tali limiti devono essere naturalmente misurati nelle stanze adiacenti agli impianti e non dove si trova la sorgente di rumore ! ).
Va infine ricordato che tutte le misure descritte forniscono risultati espressi in forma di grafico che riporta la grandezza in funzione delle frequenze di banda di 1/3 di ottava, normalmente nel campo compreso tra 100 e 5000 Hz.
Questa rappresentazione è la più completa ed è quella utilizzata per una descrizione dettagliata del comportamento acustico del campione in prova. Tuttavia per una valutazione globale di tale comportamento, si utilizza a volte un unico parametro denominato indice di valutazione impiegato per classificare le curve del potere fonoisolante R, del potere fonoisolante apparente ed anche del livello di calpestio. Il metodo per determinare il valore dell'indice di valutazione è riportato nella Norma UNI 8270/7 (conforme alla ISO 717/1-2-3). Tale normativa contiene uno spettro normalizzato del potere fonoisolante che, come si può vedere in figura 3, è costituito da un segmento ad alta pendenza ( il valore aumenta di 6 dB per ottava ) e una parte costante ( il valore di R non varia con la frequenza ).
Fig. 4: Determinazione dell’indice di valutazione.
Il valore dell'indice di valutazione è ottenuto sovrapponendo alla curva sperimentale di R, la curva di riferimento indicata in figura in modo tale che la somma degli scostamenti sfavorevoli della curva sperimentale rispetto a quella di riferimento, diviso il numero totale delle bande di frequenza, sia inferiore o uguale a 2 dB:
( 2 )
Il valore della curva di riferimento a 500 Hz rappresenta l'indice di valutazione della curva sperimentale, tale valore s’indica con Rw ed è su questo che sono posti i limiti della vigente normativa italiana.
Anche per il livello normale di calpestio la grandezza che descrive in forma sintetica, il comportamento acustico del campione, è l’indice di valutazione del livello normalizzato di calpestio Lnw (dB). Questo tipo di rumore diminuisce alle alte frequenze, la curva di riferimento in questo caso va fatta salire perché è bene che il livello di calpestio sia basso: s’inizia con la curva di riferimento che a 500 Hz raggiunge il valore di 40 dB, poi si fa salire a passi di 1 dB, finché il valore medio degli scostamenti sfavorevoli della curva sperimentale, rispetto a quella di riferimento, sia inferiore o uguale a 2dB. Il valore della curva di riferimento a 500 Hz rappresenta l’indice del livello di calpestio.
Fig.5: Determinazione dell’indice di valutazione del livello normalizzato
del rumore di calpestio.
LEGISLAZIONE
( Si segnala, riguardo quest’argomento, il seguente link: www.assoacustici.it)
Vi sono, alla base della legislazione vigente, due decreti che risalgono al 1991:
Il DPCM 1 marzo 1991 fissa due tipi di limiti: assoluto e differenziale.
I limiti assoluti sono da applicarsi all’esterno degli edifici e variano in base alla zona; infatti, il territorio comunale è diviso per zone e ad ognuna di queste è associata una classe, tali classi si dividono in:
Classe I
Aree particolarmente protette
Rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc.
Classe II
Aree destinate ad uso prevalentemente residenziale
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali ed artigianali.
Classe III
Aree di tipo misto
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione con presenza di attività commerciali, uffici, con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici.
Classe IV
Aree di intensa attività umana
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali; le aree con limitata presenza di piccole industrie.
Classe V
Aree prevalentemente industriali
Rientrano in questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni.
Classe VI
Aree esclusivamente industriali
Rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi.
CLASSE |
ZONA |
Limite Diurno |
Limite notturno |
1 |
Aree particolarmente protette |
50 |
40 |
2 |
Aree prevalentemente residenziali |
55 |
45 |
3 |
Aree di tipo misto |
60 |
50 |
4 |
Aree di intensa attività umana |
65 |
55 |
5 |
Aree prevalentemente industriale |
70 |
60 |
6 |
Aree esclusivamente industriale |
70 |
70 |
Tabella - 1
Valori dei limiti massimi del livello sonoro equivalente ( Leq in dB(A) ) relativi alle classi di destinazione d’uso del territorio di riferimento
E’ stato verificato, mediante opportuni rilevamenti, che il livello massimo delle prime due classi è troppo basso; infatti, anche nelle migliori condizioni, il livello sonoro non scende mai sotto i 53 dB. Questa discrepanza con la realtà si deve al fatto di aver voluto una differenza costante di 5 dB tra una classe e l’altra.
I limiti differenziali si misurano all’interno degli edifici, con finestre chiuse o aperte secondo quale sia la situazione più gravosa, e si applicano ad una ben determinata sorgente di rumore e non a quello complessivo; di tale sorgente è necessario, al fine di applicare correttamente il criterio differenziale, individuare accuratamente sia proprietà sia tipologie. Dopo aver scelto la sorgente da analizzare si operano, all’interno dell’edificio, due misurazioni, una con la sorgente accesa e l’altra con la sorgente spenta, poi si calcolano le differenze tra i due livelli registrati. I limiti imposti per queste differenze sono diversi secondo il periodo in cui si effettuano le misurazioni:
∆L ≤ 5 dB(A) periodo diurno ( 3 )
∆L ≤ 3 dB(A) periodo notturno ( 4 )
Infine il Decreto Legge 277/91 riguarda il problema del rumore negli ambienti di lavoro, esso non fissa dei limiti sonori veri e propri, ma dei livelli d’azione. Esistono valori di Lep al di sopra dei quali vi sono dei doveri da parte del datore di lavoro nei confronti dei suoi dipendenti:
Lep < 80 : situazione accettabile, il lavoratore non corre rischi;
80 ≤ Lep < 85 : il datore di lavoro deve prendere una serie di provvedimenti:
85 ≤ Lep < 90 : la situazione è in generale non accettabile
Il datore di lavoro deve prendere dei provvedimenti:
Lep ≥ 90 : Il datore di lavoro deve comunicare all’USL, entro 60 giorni da
quando si è verificata, questa situazione e simultaneamente deve
comunicare il piano di bonifica che intende adottare per rientrare
nelle norme. In casi particolari (deroghe concesse dall’USL) scatta
l’obbligo di indossare i mezzi di protezione individuale.
Esiste anche un limite per la cresta della forma d’onda detto valore massimo di picco lineare utile a proteggere dagli eventi impulsivi, ma il livello massimo è così alto che è molto difficile da raggiungere:
LM,P,L < 140 dB ( 5 )
Il solo modo in cui si rileva è per movimenti d'aria a bassissima frequenza causati dall'apertura o chiusura di cabine stagne o di ambienti pressurizzati. Non appena si chiude c'è uno sbalzo della pressione atmosferica media che genera un gradino, tale gradino è letto dallo strumento come un picco che supera i 140 dB ,ma noi non sentiamo alcun suono. Per quanto detto si capisce che tale parametro ha poco significato, ed è per questo che a livello europeo la situazione si è evoluta. Il livello massimo di picco lineare è diventato un livello di picco pesato C e il suo valore è stato ridotto :
LM,P,C < 130 dB ( 6 )
questa situazione è molto più utile al fine della prevenzione, l'uso del filtro C evita il problema degli ambienti pressurizzati e il valore 130 dB è realistico.
Il DPCM 1° marzo 1991 è un decreto ministeriale e pertanto non è considerata una legge vera e propria, ma qualcosa di più "debole" a livello legislativo; già il DL 277/91, per esempio, è un decreto legge, ossia un decreto cui è stato conferito il valore di legge su deroga del parlamento. Per questo si è trasformato il DPCM 1° marzo 1991 in una vera legge: L 447/95 (legge quadro sull'inquinamento acustico); essendo questa una legge quadro, stabilisce che i limiti sono indicati da decreti ai quali la legge quadro stessa conferisce delega e quindi questi assumono valore di legge.
Sono previsti e sono in corso di emanazione, dei decreti attuativi che stabiliscono i limiti di vari tipi di sorgenti di rumore. Per il momento sono vigenti:
METODI NUMERICI DI PREVISIONE
Passiamo ora alla fase di progettazione di una sala, in particolare nella determinazione in via previsionale della legge di propagazione del suono nell’ambiente stesso.
Esistono diversi modelli matematici che consentono di ottenere questo risultato, considereremo quelli più utilizzati:
descrivendoli nel loro insieme e valutandone aspetti positivi e negativi.
Il primo ad essere utilizzato fu il metodo delle sorgenti immagine, nome che deriva dal fatto di ipotizzare riflessioni speculari sulle pareti di una stanza da analizzare. Esso è particolarmente efficace in ambienti parallelepipedi, ma può essere usato anche in ambienti a geometria diversa: data una sorgente la si specularizza rispetto alle superfici, quindi si possono creare sorgenti del primo ordine, che specularizzate a loro volta producono sorgenti del secondo ordine e così via. Un determinato ricevitore riceve il suono dalla sorgente reale e il suono riflesso delle altre sorgenti immagine.
Fig. 6
L’estrema semplicità di questo metodo negli ambienti aventi una geometria parallelepipeda, come ad esempio nel campo industriale, fa si che questa tecnica funzioni egregiamente e consente di prevedere la risposta all’impulso fino ad ordini di riflessione molto elevati. Sussistono invece dei problemi quando dobbiamo considerare sorgenti immagini d’ordine elevato in presenza di geometrie complicate; infatti, questo metodo, per geometrie generiche, richiede che, per ogni sorgente immagine e per ogni ricevitore considerato, sia fatto un controllo di visibilità tra la sorgente e il ricevitore e questo rende il calcolo molto lento. Inoltre, poiché il numero delle sorgenti immagini cresce esponenzialmente con l’ordine delle stesse, nel caso di geometrie complicate si può arrivare al massimo alla determinazione dei raggi del quinto ordine e quindi si trascura, nella previsione, la restante coda sonora.
Altro metodo è il Ray Tracing, nel quale s’inizia da una sorgente puntiforme, dalla quale si emettono a caso raggi lineari in cui l’energia sonora è immagazzinata, a tali raggi si applica la legge della riflessione (legge di Snell). Tale procedimento è significativo solo se dalla sorgente si emettono molti raggi (decine di migliaia o anche milioni); inoltre è necessario avere un ricevitore di dimensione finita, perché la probabilità che un raggio colpisca un ricevitore puntiforme è quasi nulla: per questo solitamente si usa un ricevitore sferico.
Fig. 7: Schema di generazione dei raggi e d’impatto su un ricevitore sferico.
Il parametro che interessa nel nostro caso, avendo un ricevitore volumetrico, è la densità d’energia che arriva all’interno di questo volume:
( 7 )
dove Pwr è la potenza sonora emessa dalla sorgente, Qδ rappresenta la direttività nella particolare direzione in cui il raggio iniziale era stato generato, Nraggi è il numero di raggi, c è la velocità del suono, Vsfera è il volume della sfera, L la lunghezza del segmento con cui il raggio ha intersecato la sfera e è un coefficiente di riduzione con la distanza che rappresenta l’assorbimento da parte dell’aria. Questo metodo è molto brillante nelle previsioni.
Il terzo metodo che descriveremo è quello del tracciamento dei fasci divergenti di cui fanno parte due diverse metodologie: il Cone Tracing (subito abbandonato a favore di una sua diversa implementazione) ed il Pyramid Tracing.
Nel primo, il ricevitore è puntiforme e, quando lo stesso è dentro al cono, questo gli comunica una certa intensità di energia sonora; il primo problema che si pone con questo metodo è il fatto che i coni non coprono completamente una superficie sferica: se sono adiacenti restano delle parti non coperte, se sono sovrapposti, vi sono parti coperte per due volte.
Fig 8: risultato della sovrapposizione di coni.
Per questo motivo il Cone Tracing è stato trascurato o comunque se lo si utilizza è necessario sovrapporre i coni e creare un algoritmo per evitare le rilevazioni multiple o che "pesi" l’energia (in media) in modo che i contributi multipli producano il livello sonoro corretto.
Questo problema non sussiste con il Pyramid Tracing, siccome piramidi adiacenti coprono perfettamente la supoerficie sferica, come mostrato in figura 9
Fig.9
La suddivisione della superficie in triangoli, è fatta utilizzando una versione modificata dell’ algoritmo di Tenebaum, procedendo alla suddivisione in 8 ottanti della sfera: in questo modo il numero delle piramidi generate può essere di un numero che sia una potenza di 2 ,inoltre tutte queste hanno quasi la stessa area di base, generando così una sorgente sonora isotropica.
I vantaggi di questa tecnica sono il ricevitore puntiforme e il numero contenuto di fasci da emettere (si fanno simulazioni discrete già con 2048 piramidi) il tutto a vantaggio della velocità di elaborazione dei dati da parte di un calcolatore.
L’utilizzo del Pyramid Tracing, comporta però una sottostima della parte tardiva della coda di riverbero e di conseguenza un’errato calcolo del tempo riverberante. Il motivo di ciò lo si può notare con la figura 10:
Fig.10
quando un fascio interferisce con una parete viene considerato seguire sempre e solo la direzione del raggio centrale. Il fascio diventa sempre più grande e giunge un momento in cui è più grande della parete stessa, quando ciò accade una parte dell'energia che sarebbe dovuta essere riflessa in altre direzioni, continua ad essere riflessa seguendo la direzione del raggio centrale. In un confronto con il metodo delle sorgenti immagine, quando la base dei fasci diventa grande rispetto alle dimensioni delle superfici di confine si ha la perdita di un numero crescente di sorgenti immagine, giacché l'intero cono viene ridirezionato seguendo la sorte del raggio centrale.
Fig. 11: numero di riflessioni per millisecondo.
Secondo la teoria di Sabine tale valore cresce col quadrato del tempo, d'altra parte quando si usa un tracciatore di fasci divergenti il valore ha delle oscillazioni, dovute al fatto che il numero di piramidi emesse è limitato, ma l'andamento medio tende a livellarsi ad un valore costante proporzionale al numero di piramidi che sono state emesse. La differenza che continua a crescere tra andamento teorico e andamento reale rappresenta quantitativamente il rapporto tra l'energia che dovrebbe esserci e quella che si riceve. Il risultato viene corretto moltiplicando l'andamento effettivo per il rapporto tra le due curve restituendo l'energia sistematicamente persa. Siccome per via teorica è impossibile ricavare il rapporto tra i due andamenti si può utilizzare la "correzione della coda"; questa ha portato i risultati ad essere sostanzialmente indipendenti dal numero di piramidi utilizzate.
Il Pyramid Tracing è la tecnica privilegiata per valutazioni ingegneristiche, essendo estremamente funzionale in termini di rapporto fra tempi di calcolo e risultati ottenuti.
Confronto tra risultati numerici e sperimentali
Confrontiamo i risultati delle simulazioni con il comportamento d’ambienti industriali all’interno dei quali, teoricamente, si dovrebbe avere un campo semiriverberante, ma che nella pratica non sussiste.
Nel campo sperimentale, quando si va in un ambiente industriale largo e basso, il decadimento sonoro non segue la formula del campo semiriverberante, ma continua a decadere in funzione della distanza.
Definiamo il fattore di correzione ambientale K come la differenza, in un punto ad una determinata distanza, tra il livello che c’è effettivamente e quello che ci sarebbe alla stessa distanza se la sorgente sonora fosse in campo libero. In ambiente industriale l’andamento di K non segue la regola della teoria di Sabine:
( 8 )
Compiendo delle simulazioni in ambienti come questi, con le metodologie viste precedentemente, è stato possibile trovare per via empirica il valore corretto di K in ambienti bassi e larghi:
( 9 )
ove H è l’altezza della stanza, T è il tempo di riverberazione e per S vale la seguente relazione:
( 10 )
La figura sottostante descrive il confronto tra l’andamento del fattore K con la distanza d, misurato sperimentalmente in uno stabilimento e quello calcolato sulla base della precedente formula empirica:
Fig. 12
Con le metodologie descritte precedentemente è stato possibile ottenere anche una formula alternativa a quella di Sabine per ambienti in cui questa non dava risultati concordanti con la realtà.